Del resto, fratelli miei, rallegratevi nel Signore. Io non mi stanco di scrivervi le stesse cose, e ciò è garanzia di sicurezza per voi.
(Filippesi 3:1)
Nella lettera ai Filippesi, l’apostolo Paolo, prigioniero a Roma, parla più volte del “rallegrarsi” del cristiano. Nel nostro versetto chiarisce che la ripetizione non è casuale, ma intenzionale: “Torno a ripetervi quanto vi ho già detto: a me non costa fatica ed è meglio per voi”.
Ne aveva già parlato a proposito delle difficoltà del ministerio: “Comunque sia, con ipocrisia o con sincerità, Cristo è annunciato; di questo mi rallegro, e mi rallegrerò ancora” (1:18).
Ne aveva fatto cenno parlando del suo eventuale martirio: “Ma se anche vengo offerto in libazione sul sacrificio e sul servizio della vostra fede, ne gioisco e me ne rallegro con tutti voi; e nello stesso modo gioitene anche voi e rallegratevene con me” (2:17, 18).
E infine, l’avrebbe scritto di nuovo, due volte, esortando i Filippesi: “Rallegratevi sempre nel Signore. Ripeto: rallegratevi” (4:4).
Si potrebbero fare delle ipotesi sul perché vi fosse bisogno di queste ripetizioni, ma a noi basti sapere che i Filippesi, ai quali non mancavano qualità cristiane eccellenti, ebbero bisogno di essere ripetutamente incoraggiati a rallegrarsi. E che, per farlo, lo Spirito Santo usò Paolo, benché egli stesso fosse molto provato, anzi forse proprio per questa ragione.
E noi carissimi, abbiamo bisogno di qualche ripetizione?
Dio conosce la condizione di ciascuno di noi e sa bene quanto alcuni di noi sono provati, ma nonostante questo, Egli ci invita a rallegrarci sempre in Lui, e lo fa ripetutamente.
Ci sono momenti in cui le parole d’incoraggiamento possono essere percepite come sgradevoli e perfino fastidiose, soprattutto se diventano insistenti e ripetute, e talvolta c’è la tentazione di dire: “Scusate se mi ripeto”.
Oggi Paolo, però, con il suo esempio, ci dice che no, non dobbiamo scusarci se ci ripetiamo, perché è meglio per le persone che amiamo.
Aniello & Rosanna Esposito
Twitter: @adiportici
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