Elia salì in vetta al Carmelo; e, gettatosi a terra, si mise la faccia tra le ginocchia, e disse al suo servo: «Ora va’ su, e guarda dalla parte del mare!» Quegli andò su, guardò, e disse: «Non c’è nulla». Elia gli disse: «Ritornaci sette volte!»
[1Re 18:42, 43]
Elia ha rivelato al suo servo che fra poco pioverà. Per questa ragione salgono sul monte a pregare. Quando gli chiede di andare più su per cercare segni visibili di pioggia, il servo ritorna perplesso: “Non c’è nulla”.
Elia gli dà un ordine strano: “Tornaci ancora per sette volte”.
Perché mai? A che cosa serve ritornare a guardare l’orizzonte aspettando qualcosa che non si vede da mesi?
Perché non posso aspettare qui che giunga la pioggia, vicino a te che preghi?
Perché non posso restare là sulla vetta finché non giunga qualche segno di cambiamento?
Perché andare avanti e indietro?
Perché rinnovare angosciosamente l’immagine di una preghiera che sembra sterile e di un cielo che pare ostinatamente chiuso?
Il servo, però, non pone domande ma ubbidisce, finché non scorge il segno desiderato: “Ecco una nuvoletta grossa come la palma della mano, che sale dal mare”.
Quello che avvenne dopo è storia. Elia ordinò al servo di annunciare la pioggia ad Acab e d’un tratto il cielo si oscurò per le nubi e per il vento, e vi fu una grande pioggia.
Carissimi, se il servo si fidò di Elia, uomo limitato come noi, non vogliamo noi fidarci del Signore e continuare a guardare al Cielo aspettando la risposta alla nostra preghiera?
Egli si è impegnato: “Manderò la pioggia a tempo opportuno e sarà pioggia di benedizione” [Ez. 34:26].
Di Lui ci possiamo fidare.
Aniello & Rosanna Esposito
Twitter: @adiportici
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